Il ministero delle Identità nazionali. Vi dice nulla? Ha il compito di «proteggere, valorizzare, studiare» l’identità «sarda, piemontese, lombarda, veneta, siciliana, ecc…». Se volessimo tradurre il senso dei nuovi nomi per i dicasteri creati dal nuovo governo (dalla Sovranità alimentare al Made in Italy) questa potrebbe essere una buona soluzione.
E in fondo Francesco Lollobrigida – salito alle recentemente cronache per il richiamo alla sostituzione etnica («Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica: gli italiani fanno meno figli, quindi li sostituiamo con qualcun altro») – questo concetto lo annunciava già nel 2020, in un post su Facebook: «Ci troverete sempre dalla stessa parte, a difendere la storia, l’identità e il futuro dell’Italia».
Ecco, difesa dell’identità. Il «ministero delle Identità nazionali» è parte del programma di un gruppo di estrema destra europeo, Generazione Identitaria, sciolto per decreto dal ministro dell’Interno francese per istigazione all’odio razziale e per aver formato una vera e propria milizia privata nel marzo del 2021.
I suoi militanti furono i protagonisti della caccia navale alle Ong nel Mediterraneo centrale nell’estate del 2017 con il cargo C Star e dei blocchi sulle Alpi qualche mese dopo, attuati con un elicottero, jeep e vere e proprie pattuglie di centinaia di militanti.
Nati nel 2012 in Francia, fino al 2021 hanno conquistato una larga fetta dell’opinione pubblica europea grazie a due parole d’ordine: la lotta contro «la grande sostituzione» e la «reimmigrazione», ovvero un programma articolato per l’espulsione di massa dei migranti.
Hanno un ideologo, molto noto in Francia. Un nome che il «documento di posizionamento» elaborato dall’ufficio studi di Fratelli d’Italia nel 2018, con il titolo “Identità e politiche europee”, pone tra gli intellettuali da citare, in una sorta di Pantheon di riferimento.
L’ideologo
Renaud Camus, 75 anni, barba bianca e occhi azzurro intenso. Da anni si è rifugiato nel suo castello de Plieux, nel dipartimento di Gers, Francia meridionale. Ha un atelier dove dipinge quadri senza particolare talento e uno studio immenso con le pareti di pietra coperte da migliaia di libri.
Quando riceve i giornalisti chiede al suo assistente di filmare tutto: «Ho avuto brutte esperienze, montaggi, frasi isolate senza contesto», spiega alla troupe di Lcp, la televisione dell’Assemblea nazionale francese, che è andato ad intervistarlo.
Il suo nome è divenuto famoso quando, nel 2010, ha coniato la frase-slogan della «Grande sostituzione», diventato titolo di un suo libro pubblicato in proprio nel 2011. Condannato per incitazione all’odio razziale, racconta «perdere tanto tempo nei tribunali», dove spesso viene chiamato a rispondere per le denunce di razzismo. Non sembra scosso dalle accuse. Imperturbabile, freddo come l’azzurro inteso del suo sguardo.
Alle telecamere di Lcp affida la sua analisi: «Abbiamo avuto la grande peste, la grande guerra, la grande depressione, espressioni che hanno definito dei momenti storici apicali». Dunque, oggi è il momento della «Grande sostituzione»: «L’Europa è molto più colonizzata di quanto abbia colonizzato lei stessa», spiega.
Camus ha rivisitato un concetto antico nel suo libro del 2011. Lo ha dedicato ai «due guerrieri, Enoch Powell e Jean Raspail». Powell era un politico inglese, feroce nemico delle migrazioni, che chiedeva l’espulsione dalla Gran Bretagna di tutte le persone di origine africana. Raspail è lo scrittore francese che, come vedremo, anticiperà negli anni Settanta le teorie complottiste di Camus, riprese dal ministro Lollobrigida e dalla stessa Giorgia Meloni in diversi discorsi prima di diventare premier.
Il linguaggio dell’opera è apocalittico, militaresco, con espressioni come «esercito della conquista» e migranti come «soldati». Non un fenomeno naturale, la «sostituzione» delle popolazioni, ma un vero e proprio complotto, ordito dalla «finanza internazionale», per creare un «mercato unico di consumatori» senza identità e dunque più manipolabile. Per Camus e i suoi seguaci la conseguenza è un cambiamento di popoli e di civiltà, che arriva alla «distruzione della civilizzazione europea». I principali ispiratori? «Papa Francesco, Soros e Macron».
Chi colonizza chi?
L’idea nasce paradossalmente nel XIX secolo, quando l’Europa ha il dominio coloniale del mondo. Si diffonde per la prima volta l’idea che esistano differenti razze, con una gerarchia, e che il mescolamento sia pericoloso. Nasce la paura del «meticciato», della perdita dell’identità. Nelle esposizioni coloniali gli africani – arrivati come schiavi – venivano mostrati come curiosità terribile.
Come spiega il documentario di Lcn “Grand remplacement : histoire d’une idée mortifère” (La grande sostituzione: storia di un’idea mortifera) uno dei bestseller francesi che più venderà copie nell’Ottocento è “L’invasione nera”, scritto dal capitano dell’esercito francese Danrit.
Nel libro si racconta la storia di un esercito di africani manovrato dai musulmani pronto a invadere l’Europa, con la scena apocalittica di Parigi ultima roccaforte assediata. L’opera uscì in fascicoli, con copertine terrorizzanti: un uomo barbuto che indicava la Mecca, alla guida di un esercito di giovani africani, del tutto simili ai volti mostrati come «animali pericolosi» nelle esposizioni, raffigurati a fianco di ufficiali francesi decapitati.
Con la Prima guerra mondiale arrivano in Europa – soprattutto in Francia – migliaia di africani dalle colonie, utilizzati come truppe per le trincee. Per la prima volta la loro presenza supera le esposizioni esotiche organizzate sotto la Torre Eiffel, diventando una presenza visibile nella società europea.
A cavallo tra le due guerre mondiali le teorie del complotto sull’immigrazione come forma di grande sostituzione della popolazione bianca iniziano a diffondersi. E se c’è un complotto, c’è un nemico: sono i massoni, che cercano alleati; è la sinistra, che cerca votanti; e ovviamente sono gli ebrei, che vogliono controllare il mondo utilizzando le masse di africani.
Dopo la tragedia della grande guerra, la teoria del «potere segreto ebraico che vuole distruggere la razza bianca» si rafforza, raggiunge il grande pubblico, attraverso pubblicazioni e propaganda delle nascenti ideologie naziste e fasciste. Questo filone non finisce nel 1945.
Dopo la Seconda guerra mondiale si insinua nell’estrema destra la teoria della distruzione dell’Europa attraverso le migrazioni e la «colonizzazione da parte delle popolazioni africane», come capitolo, ancora una volta, di un grande complotto. Teorie che, nel Novecento, varcano l’oceano, sbarcando anche negli Stati Uniti assumendo il nome di «genocidio bianco» e diffondendosi negli ambienti ultra-razzisti oggi alla base del movimento Alt-right, la nuova destra statunitense.
Nel 1973 lo scrittore cattolico integralista francese Jean Raspail – uno dei due «guerrieri» a cui Camus ha dedicato il suo libro “La grande sostituzione” – pubblica il suo romanzo più famoso, “Il campo dei santi”, dove ipotizza il collasso della civiltà europea a seguito di una massiccia immigrazione, soprattutto dall’India.
In un’intervista dell’epoca poneva la domanda: «Cosa dobbiamo fare se per ipotesi arrivasse un milione di persone dal Gange?». L’opera di Raspail negli anni successivi si diffonde soprattutto negli ambienti dell’estrema destra, fino a diventare una delle letture preferite di Steve Bannon, lo stratega di Donald Trump legato a Giorgia Meloni. Rapidamente in Francia la visione apocalittica di Raspail prende piede, anche negli ambienti della destra istituzionale.
Nel 1985 Le Figaro Magazine esce con una copertina shock, che mostra l’icona della Francia, Marianne, con il velo e il titolo «Saremo ancora francesi tra trent’anni?». La stessa testata per anni ha ospitato gli scritti di molti esponenti del Grece, sigla di Groupement de Recherches et Etudes pour la Civilisation Européenne, il gruppo di studio della nuova destra francese nato negli anni Settanta, guidato da Alain de Benoist, uno degli intellettuali di riferimento per la Lega di Matteo Salvini e per Fratelli d’Italia.
Addio camice nere
Quando, nel 2012, viene fondata, Generazione Identitaria si pone immediatamente come movimento politico di avanguardia nell’estrema destra europea, basando la propria azione e comunicazione sulle tesi di Camus. «Grande sostituzione» da contrastare con un piano di «reimmigrazione».
I dirigenti modificano profondamente anche la simbologia politica utilizzata: nessun braccio teso, niente camice nere, nessuna celtica. Mettono in scena, attraverso un video che diventa virale, il proprio manifesto, per nulla pacifico: «Una dichiarazione di guerra», lo chiamano. E usano un logo immediatamente identificabile, il Lambda dei guerrieri spartani. La loro organizzazione ha avuto vita breve, arrivando allo scioglimento nel 2021.
In Italia, dove il gruppo Generazione Identitaria, fondato subito dopo la creazione del movimento in Francia, aveva messo solidi radici, la simbologia e la comunicazione politica guerriera è stata ereditata dal gruppo giovanile di riferimento di Fratelli d’Italia, Azione Studentesca.
La loro rivista di riferimento l’hanno chiamata Agoghé (organo di una rete di trenta gruppi sparsi in Italia, coordinata da Casaggì, l’organizzazione vicina al mondo giovanile del partito di Meloni e dalla stessa Azione Studentesca), ovvero il regime di educazione dei giovani spartani.
I colori utilizzati nelle comunicazioni ricordano moltissimo quelli di Generazione Identitaria e in moltissime immagini delle iniziative diffuse su Internet appare in primo piano il Lambda simbolo dell’organizzazione nata in Francia.
È però l’ideologia dell’identitarismo a fare breccia all’interno di Fratelli d’Italia, che basa le proprie radici ideologiche proprio in quella nuova destra francese erede del Grece di de Benoist: «Noi vogliamo difendere la nostra identità e le nostre radici greche, romane e cristiane dal processo di islamizzazione in corso e dall’ideologia mondialista che vorrebbe negare le appartenenze nazionali e l’esistenza stessa dei popoli europei», si legge nel documento di posizione dell’ufficio studi di FdI pubblicato nel 2018.
Non si tratta solo di principi generali, ma anche – e soprattutto – di proposte politiche: «Nel lavoro come nell’attribuzione di sussidi sociali o alloggi popolari, la preferenza nazionale, nei confronti di chi vive in Italia da più tempo e ha contribuito alla sua crescita, deve essere garantita».
La «preferenza nazionale» era uno dei punti chiave del programma di «reimmigrazione» di Generazione Identitaria: «Possibilità di accesso a servizi sociali e case popolari riservata esclusivamente a cittadini italiani; criteri di preferenza, negli uffici di collocamento, a favore di cittadini italiani ed europei», si legge nel manifesto della sezione italiana del gruppo di estrema destra, ancora oggi disponibile in rete.
È sul tema della sostituzione etnica, però, che appare evidente la liaison dangereuse. Giorgia Meloni più volte è tornata sul tema del grande complotto, con parole decisamente più dure e chiare rispetto a quelle utilizzate da Francesco Lollobrigida: «In Italia prove generali sostituzione etnica», twittava il 6 ottobre 2016; «La Ue è complice dell’immigrazione incontrollata e del progetto di sostituzione etnica voluti dal grande capitale», il 3 febbraio 2017; «Ma guarda un po’! Chi ha scritto un pezzo del programma sugli immigrati del M5S? Gli emissari di Soros, il finanziere che sostiene e finanzia in tutto il mondo l’immigrazione di massa e il disegno di sostituzione etnica», il 9 gennaio 2018. In fondo il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare è stato fin troppo moderato.