Le pagine social di Elly Schlein sono diverse da quelle di Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Giuseppe Conte. Gli altri leader sfornano un contenuto dietro l’altro: in alcuni casi si arriva anche a nove post al giorno fra video-messaggi, card o foto tratte dalla propria vita privata. La segretaria del Pd, invece, dosa attentamente la propria esposizione digitale: la frequenza di pubblicazione è molto più bassa rispetto ai suoi colleghi, fra un post e l’altro possono passare anche due o tre giorni di silenzio.
Questo non significa che Schlein sia una politica poco social: ad esempio, è con una diretta su Instagram che ha annunciato i nomi della sua nuova Segreteria ed è sempre con una diretta su Instagram che ha commentato la sconfitta del centrosinistra ai recenti ballottaggi delle amministrative. Parliamo pur sempre di una donna di 38 anni, unica millenial tra i leader di partito italiani.
Certo, negli automatismi dei social newtork produrre meno post equivale anche ad avere meno seguito: su Facebook il confronto è impietoso, la segretaria dem conta appena 277mila follower contro i 5 milioni di Salvini, i 4,5 milioni di Conte, i 2,8 milioni di Meloni, e proporzioni analoghe si trovano su Instagram e Twitter.
Il fatto, però, è che dietro c’è una precisa strategia: Schlein vuole evitare di farsi travolgere dal vortice della cosiddetta “rincorsa al tweet” che oggi porta i leader politici a trasformarsi di fatto in opinionisti quasi obbligati a esprimersi sui fatti dell’attualità. È per questo che ha scelto un profilo più misurato.
E il discorso lo si può applicare in certa misura anche alle interviste sui giornali e soprattutto a quelle televisive, che la segretaria del Pd non ama particolarmente fare. Per Schlein è cruciale evitare qualsiasi tipo di sovraesposizione mediatica.
L’uomo-ombra
È sotto gli occhi di tutti come la politica, ormai da anni, tra piattaforme social e talk show, sia sempre più una questione di comunicazione. Perciò è importante conoscere non solo vita, morte e miracoli dei leader di turno, ma anche chi sono i professionisti della parola che sussurrano alle loro orecchie, chi scrive i loro discorsi e i loro post, chi suggerisce loro come cavalcare una polemica o come uscire da una situazione difficile. Oggi più che mai i Rocco Casalino e i Luca Morisi, solo per citare due tra i comunicatori politici più noti, sono determinanti quasi quanto i rispettivi capi.
Il portavoce di Schlein è Flavio Alivernini, 43 anni, romano, al suo fianco dall’inizio del 2020: Schlein lo chiamò appena dopo essere stata eletta al Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna e nominata vicepresidente della Regione dal governatore Stefano Bonaccini (suo futuro rivale alle primarie del Pd, ma questa è un’altra storia).
Per trasferirsi a Bologna Alivernini lasciò la Camera dei deputati, dove da cinque anni seguiva l’ufficio stampa di Laura Boldrini. Quest’ultima, da presidente di Montecitorio, era stata bersaglio di pesanti campagne d’odio sui social: un’esperienza che lo spin doctor ha raccontato in un libro, “La grande nemica”, pubblicato nel 2019 per People, la casa editrice fondata da Pippo Civati, ex leader dell’ex partito di Schlein, Possibile.
Laureato in Scienze politiche con una tesi molto europeista (“Storia dell’idea d’Europa: il cammino dell’integrazione europea da Carlo Magno ad Altiero Spinelli”), Alivernini è un grande appassionato di arte contemporanea: in passato ha collaborato con svariate riviste culturali, è stato caporedattore della Società Dante Alighieri e si è occupato dell’organizzazione di diverse mostre d’arte; per qualche tempo ha anche curato una rubrica di arte su La Stampa (si intitolava “Vernice”).
I suoi punti di riferimento culturali sono Pier Paolo Pasolini ed Ezra Pound, accomunati secondo lui da «una visione edenica del passato preindustriale, spazzato via dall’inurbamento postbellico». Ma il portavoce di Schlein mastica anche di geopolitica, avendo lavorato con Lucio Caracciolo a Limes.
Oggi Alivernini segue come un’ombra la segretaria del Pd in tutte le sue uscite pubbliche, anche se, a differenza di molti suoi colleghi spin doctor, è di indole riservata, non ama i riflettori e comunica lo stretto necessario, sempre molto scrupoloso nel dosare le parole.
La squadra
Alivernini può contare anche sul personale dell’ufficio stampa del partito, con cui si coordina per tenere i rapporti con giornali, agenzie di stampa e televisioni. I social, invece, li gestiscono direttamente in tandem lui e Schlein.
Durante la campagna per le primarie la parte digitale era stata affidata ai professionisti milanesi di Strategy Design, mentre nei mesi scorsi qualche giornale è tornato a parlare della collaborazione fra la neo-leader dem e l’agenzia statunitense Social Changes, vicina a Barack Obama, che però ha collaborato con Schlein solo per la campagna elettorale del 2020 in Emilia-Romagna, dandole preziose istruzioni, fra le altre cose, su come sfruttare al meglio il linguaggio del corpo.
Insieme ad Alivernini, oggi l’altro punto di riferimento per la segretaria nel dietro le quinte della politica è Gaspare Righi, che la affianca da ormai dieci anni, dai tempi di “Occupy Pd”, passando per il mandato da parlamentare europea e per quello nella giunta regionale dell’Emilia-Romagna, fino alla vittoria alle recenti primarie.
Trentasei anni, bolognese di San Giovanni in Persiceto, laureato in Matematica, Righi due mesi fa è stato nominato da Schlein suo capo segreteria: è lui l’affidabile uomo-organizzazione, colui che gestisce l’agenda quotidiana della leader. La quale, per rendere l’idea, pare lo abbia definito suo «partner in joy and in pain» (ossia nella gioia e nel dolore).
Nel Pd gli altri fedelissimi della segretaria sono Marco Furfaro, Marco Sarracino, Annalisa Corrado e Marta Bonafoni, tutti e quattro membri della Segreteria nazionale: è quella la sede in cui – con riunioni a cadenza settimanale – vengono decisi gli indirizzi politici dei dem.
Fuori dal Nazareno, invece, Schlein è in stretto contatto con l’ex deputata di LeU Rossella Muroni, con l’ex ministro del Governo Monti Fabrizio Barca, con il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: è con loro che si scambia consigli. Senza dimenticare i sempre ottimi rapporti con l’ex premier Romano Prodi.
Per millenial
Anche il look è comunicazione. È stata la stessa segretaria a rivelare di essersi affidata per il suo guardaroba all’armocromista Enrica Chicchio. E non è casuale il fatto che questo particolare sia emerso all’interno di una lunga intervista concessa a Vogue, con tanto di servizio fotografico a corredo.
Non è un caso, cioè, che Schlein abbia incluso, fra i giornali ai quali presentarsi come neo-segretaria del Pd, una rivista certo non specializzata in politica. Dietro c’è con ogni probabilità il tentativo di rendere più pop l’immagine di un partito che in questi anni è stato dominato dalle tinte grigie e dai ritmi ingessati dell’apparato: un partito di boomer votato solo da boomer.
Schlein vuole rompere questo schema. Una delle prime ospitate televisive da leader dem l’ha fatta nel programma di Alessandro Cattelan, il volto giovane della Rai: tra battute autoironiche e gag, la leader dem si così è ritrovata davanti alle telecamere a suonare al pianoforte “Imagine” di John Lennon.
E, sempre a proposito di musica, hanno colpito non poco, durante l’ultima riunione della Direzione nazionale del partito, le tre citazioni cantautoriali che la leader ha infilato nel suo discorso: Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Diodato. Del resto, lei stessa è una millenial ed è naturale siano quelli i contesti e i riferimenti musicali a lei più congeniali.
Qualche settimana fa abbiamo anche visto Schlein cantare e ballare, in mezzo alla folla del Pride di Roma, sulle note di “Vamos a bailar” di Paola e Chiara: «Per me è più importante essere qui che in masseria da Bruno Vespa», ha dichiarato. Chissà che anche il testo di quella canzone non l’abbia ispirata. L’incipit sembra scritto apposta per il suo Pd: «Ho voluto dire addio al passato (…). Ora è tempo di essere nuova immagine».