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Il Governo britannico metterà i richiedenti asilo in una nave-prigione in mezzo alla Manica

Sul sito di Bibby Marine si legge, a caratteri cubitali, «Luxury living on board» (vivere il lusso a bordo). Farebbe ridere, se non ci fosse da piangere per quanto questa definizione in realtà strida con il fine ultimo della Bibby Stockholm, la mega chiatta che “ospiterà” circa 500 persone migranti al largo del Regno Unito.

L’imbarcazione è un condominio galleggiante da due piani e 222 cabine. Dopo aver fatto tappa a Genova è giunta a Falmouth, in Cornovaglia: qui sarà sistemata prima di essere trasferita nell’isola di Portland, nella contea di Dorset, sua destinazione finale.

La piattaforma galleggiante – «significativamente più economica degli alberghi», secondo quanto ha dichiarato il ministero dell’Interno britannico – è stata noleggiata dal Governo di Rishi Sunak per 18 mesi. In questo alveare gigante, che già è stato utilizzato con la stessa modalità in Olanda (il Paese da cui arriva), saranno “ospitati” centinaia di richiedenti asilo. 

La chiatta-condominio fornirà alloggi e servizi di base, cioè assistenza sanitaria e vitto, a coloro che arriveranno nel Regno Unito per chiedere asilo. Lo scopo di questa politica di “accoglienza”, che si aggiunge agli invii in Ruanda, è disincentivare gli arrivi. Il Governo britannico ha dichiarato più volte, infatti, di avere come priorità la repressione dell’immigrazione non controllata. 

Libertà fino alle 23
Per il ministero dell’Interno la piattaforma galleggiante ridurrà «l’insostenibile pressione sul sistema di asilo britannico» e, soprattutto, abbatterà «i costi per i contribuenti causati dal significativo aumento degli sbarchi». 

La chiatta è stata usata dalla Germania negli anni Novanta e dai Paesi Bassi all’inizio del 2000 per ospitare richiedenti asilo. Il ministero dell’Interno britannico ha specificato che Bibby Stockholm rimarrà in porto per almeno un anno e mezzo e il processo di imbarco sarà graduale. Ma il dicastero è già «in trattative con altri porti e ulteriori navi saranno annunciate a tempo debito». 

Bibby Marine, la società con sede a Liverpool che gestisce la nave, ha affermato che il barcone è stato sottoposto a un processo di ristrutturazione dopo essere stato descritto come un «ambiente opprimente» dai Paesi Bassi. Il Governo britannico ha fatto sapere che coloro che vivono sulla chiatta saranno liberi di andare e venire a proprio piacimento, ma entro le 23 di ogni sera verranno fatte telefonate per controllare che tutte le persone uscite siano tornate a bordo. 

Nei giorni scorsi l’esecutivo aveva esplorato la possibilità di collocare i migranti arrivati nel Regno Unito attraverso il canale della Manica in navi ed ex basi militari con l’obiettivo di porre fine a quella che viene definita una «farsa alberghiera» che costa ai contribuenti inglesi più di 6 milioni di sterline (6,8 milioni di euro) al giorno. Il sottosegretario di Stato per l’Immigrazione, Robert Jenrick, ha accolto questa soluzione con piacere, affermando che l’imbarcazione aiuterà a «impedire che il Regno Unito diventi una calamita per i richiedenti asilo in Europa». 

Proteste
Nonostante queste premesse, alcuni punti non tornano, e il mondo dell’associazionismo e dell’attivismo è in rivolta: l’associazione di beneficenza Refugee Council ha affermato che la chiatta Bibby Stockholm è «completamente inadeguata» per «persone vulnerabili che sono venute nel Regno Unito in cerca di sicurezza dopo essere sfuggite a pestaggi e minacce di morte in Paesi come l’Afghanistan e l’Iran».

«Una chiatta galleggiante non fornisce ciò di cui hanno bisogno, né il rispetto, la dignità e il sostegno che meritano», ha dichiarato l’amministratore delegato di Refugee Council, Enver Solomon. La Croce Rossa britannica, Amnesty International e altre organizzazioni benefiche hanno chiesto al Governo che i piani vengano abbandonati, sostenendo che l’uso della chiatta per ospitare i migranti è una «crudeltà ministeriale».

Anche la giunta comunale di Dorset si è espressa contro i piani dell’esecutivo, affermando di avere «serie riserve» sull’idoneità del porto di Portland come sito, aggiungendo: «Restiamo contrari alle proposte». 

Secondo il Governo britannico, come detto, l’inasprimento delle misure di accoglienza potrà convincere le persone a non intraprendere l’attraversamento della Manica.

Pur rimanendo su numeri contenuti, specie se confrontati con quelli del Mediterraneo, negli ultimi anni il fenomeno degli arrivi via mare con piccole imbarcazioni ha cominciato a riguardare anche il Regno Unito conoscendo una crescita più che esponenziale. Se nel 2018 erano arrivate sull’isola appena 218 persone, nel 2022 i nuovi arrivi sono stati più di 45mila, mentre nel 2023, secondo le previsioni dell’Home Office, potrebbero essere oltre 60mila. 

In passato venivano utilizzati altri canali per raggiungere il Regno Unito irregolarmente. Innanzitutto attraverso la permanenza oltre i termini consentiti da un permesso per turismo, lavoro, studio o famiglia.

Come scrive Nicola Montagna, docente presso la Middlesex Universiy e autore di numerosi saggi sulle migrazioni, «le persone straniere che entrano con un visto e rimangono oltre la sua scadenza sono i cosiddetti overstayer e storicamente rappresentano la maggioranza dell’immigrazione irregolare. L’altro canale era quello attraverso i camion a bordo dei ferry che ogni giorno a decine attraversano la Manica. Tuttavia, l’inasprimento dei controlli sui tir che si imbarcano a Calais, fatti congiuntamente con la Francia secondo il trattato di Le Touquet firmato nel 2004, la costruzione di recinzioni, l’installazione di telecamere a circuito chiuso, il crescente utilizzo di tecnologie molto sofisticate in grado di individuare il respiro delle persone e il calore emesso dai corpi, nonché la stessa pericolosità di alcuni viaggi, hanno comportato la ricerca di rotte alternative, la principale delle quali è quella via mare». 

Numeri in crescita
Se l’impatto di questi nuovi arrivi sui numeri della popolazione straniera residente nel Regno Unito è tutto sommato irrilevante, per i governi inglesi che si sono succediti negli ultimi anni bloccare questo flusso è diventata una priorità.

Nella primavera del 2022 il Parlamento ha approvato il Nationality and Borders Act, una legge che contiene disposizioni su nazionalità, asilo, immigrazione, vittime della schiavitù e della tratta di esseri umani. Così il Governo si prefiggeva di «scoraggiare i richiedenti asilo dal recarsi nel Regno Unito se non attraverso percorsi sicuri e legali».

Sono state introdotte nuove regole sulla «inammissibilità» della domanda d’asilo, in modo da impedire alle persone di richiederlo se hanno «legami» con Paesi terzi sicuri o li hanno attraversati (cosa certa per chi arriva nel Regno Unito via mare) e un sistema a due livelli che consente un trattamento differenziato tra i rifugiati, riducendo i diritti di coloro che entrano nel Paese in modo irregolare.

Questi ultimi avranno bisogno di dieci anni di residenza, invece dei soliti cinque, prima di poter ottenere il permesso di soggiorno a tempo indeterminato e non potranno portare con sé il proprio partner o i propri figli. Altro punto controverso era costituito dalla possibilità di trasferire i richiedenti asilo in Paesi terzi sicuri. 

Va ricordato, peraltro, che da quando il Piano Ruanda è stato lanciato, anche con grande battage propagandistico, le persone hanno continuato ad arrivare in numero maggiore e indifferenti ad ogni minaccia d’espulsione. Come molte iniziative volte a disincentivare gli arrivi, anche quest’ultima rischia di mostrarsi solo come una pratica crudele, eludendo le reali problematiche delle persone che tentano di raggiungere i Paesi occidentali.

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