«Pace o guerra, dialogo o scontro, “win-win” o somma zero». È il «bivio» delineato da Xi Jinping nella settimana che, secondo gli analisti, potrebbe aver segnato l’arrivo di una “nuova era” geopolitica. Dopo mesi di tensioni crescenti, sul piano economico e geopolitico la Cina ha risposto all’offensiva trumpiana di dazi e sanzioni con una dimostrazione di forza militare e diplomatica. Prima con il vertice a Tianjin dell’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco), poi con l’annuncio di un nuovo gasdotto con la Russia e infine una maxi parata militare, Xi ha posto il mondo di fronte a una nuova realtà geopolitica, fino a proporsi come garante del diritto internazionale e del multilateralismo di fronte alla crisi dell’ordine internazionale basato sulle regole sostenuto dall’Occidente. Una svolta simboleggiata dall’immagine di Xi, il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano Narendra Modi che si tengono per mano, mostrandosi uniti dopo le tensioni che hanno attraversato i rapporti di tutti e tre i Paesi con le potenze occidentali, Stati Uniti in testa.
L’incontro è avvenuto lunedì 1 settembre, durante il summit della Sco nella città nordorientale cinese di Tianjin. Nata nel 2001 come meccanismo per favorire la risoluzione di dispute territoriali tra i sei Paesi aderenti, Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan, per poi allargarsi a India e Pakistan nel 2017, Iran nel 2023 e Bielorussia nel 2024, è la più grande organizzazione internazionale regionale per estensione geografica e popolazione.
Il bivio di Xi
«La governance globale è di fronte a un nuovo bivio», ha dichiarato Xi, che ha annunciato una «iniziativa di governance globale» fondata su principi quali «uguaglianza sovrana», «stato di diritto a livello internazionale» e «multilateralismo». Una proposta che si aggiunge ad altre tre iniziative lanciate negli scorsi anni da Xi (Global Development Initiative, Global Security Initiative e Global Civilization Initiative), con cui Pechino punta a competere con l’ordine promosso dagli Stati Uniti.
Alla presenza più di 20 leader non occidentali, Xi ha ribadito che è necessario sostenere un «mondo multipolare ordinato», alla luce delle «turbolenze» e dei «cambiamenti» che stanno attraversando il mondo. Questo include la promozione del libero scambio e di «un sistema di governance globale più giusto e ragionevole», una sfida chiara all’attuale sistema guidato dagli Stati Uniti. Dopo il vertice, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha messo ancora più in chiaro il messaggio, evidenziando che «il monopolio della governance globale da parte di pochi Paesi non deve continuare».
Secondo molti analisti, i discorsi di Xi, gli incontri con i leader e la dimostrazione di forza nella parata del 3 settembre hanno segnato un cambio di passo. «Questa settimana sarà ricordata come quella in cui il mondo è cambiato radicalmente», ha commentato Josef Gregory Mahoney, professore di relazioni internazionali presso l’Università normale della Cina orientale a Shanghai, osservando a Bloomberg che «la Cina ha sviluppato e ha messo in sequenza i suoi messaggi in modo perfetto» e che «il messaggio veicolato dall’abbraccio tra Xi, Putin e Modi sta diventando sempre più chiaro».
Una «nuova era» l’ha invece definita Michael Froman il presidente dello storico think tank statunitense Council on Foreign Relations, che ha riflettuto sul flop diplomatico dell’amministrazione Trump che ha fatto «il grosso del lavoro» per consegnare alla Cina una vittoria« simbolica, se non significativa». Il riferimento è ai mesi di tensioni nei rapporti tra Nuova Delhi e Washington, prima con l’annuncio di Donald Trump di aver mediato un cessate il fuoco nel breve conflitto di inizio maggio tra Pakistan e India, che invece respinge qualsiasi ipotesi di mediazione con il vicino, poi con le sanzioni aggiuntive del 50 per cento imposte dal tycoon newyorkese alla sola India come punizione per le importazioni di petrolio russo. Una misura che non è stata inflitta contro altri Paesi importatori di greggio russo, come Cina e Turchia. Il risultato è un avvicinamento progressivo tra due rivali storici che frustra «gli sforzi pluridecennali, che hanno attraversato cinque presidenze americane» che miravano a stringere con l’India una partnership, come contrappeso alla capacità industriale, tecnologica e militare della Cina.
L’ambizione di Xi non è limitata alle sole iniziative politiche e all’avvicinamento con rivali storici. Nei discorsi che ha tenuto al vertice della Sco e alla successiva parata militare è emersa anche la volontà di attribuire a Pechino il ruolo di garante dell’ordine internazionale nato dalle ceneri della Seconda guerra mondiale. Partendo da una riformulazione della narrazione che assegna alla Cina un ruolo secondario nella vittoria degli alleati nella seconda guerra mondiale. «La Cina e l’Unione Sovietica sono stati i principali teatri di quella guerra rispettivamente in Asia e in Europa», aveva dichiarato il presidente cinese prima di una visita a Mosca lo scorso maggio. Al vertice di Tianjin ha invece invitato i Paesi a promuovere una prospettiva «corretta» sulla Seconda guerra mondiale, chiedendo «sforzi congiunti per salvaguardare risolutamente i frutti della vittoria della seconda guerra mondiale e portare maggiori benefici all’intera umanità» tramite una riforma del sistema di governance globale.
Dimostrazione di forza
Xi è tornato sul tema due giorni dopo, in occasione della parata militare per celebrare l’80esimo anniversario della sconfitta del Giappone nella seconda guerra mondiale. Più di 10mila truppe e centinaia di armi hanno sfilato per le strade di Pechino nella più grande parata militare della storia della Repubblica popolare cinese, che è stata ancora una volta l’occasione di proporre una visione alternativa degli equilibri geopolitici rispetto a quella sostenuta dai Paesi occidentali, alle prese con la perdurante guerra in Ucraina e la brutale occupazione israeliana di Gaza. In questo caso Xi ha definito la seconda guerra mondiale come un importante punto di svolta nel «grande ringiovanimento della nazione cinese», grazie al quale ha superato l’umiliazione dell’invasione giapponese diventando una potenza mondiale, definendo il processo «inarrestabile».
Alla parata, a cui ha assistito per la prima volta anche il leader nordcoreano Kim Jong Un, Pechino ha messo in mostra pubblicamente per la prima volta mezzi in grado di lanciare testate nucleari via terra, mare e aria, la cosiddetta “triade nucleare”. Armi che, secondo l’agenzia ufficiale Xinhua, rappresentano «”l’asso” strategico della Cina per salvaguardare la sovranità del Paese e la dignità della nazione». Tra le principali novità ci sono stati i missili Dongfeng-61, basati su lanciatore mobile, con una gittata stimata in 12mila chilometri oltre a al Dongfeng-5C, che ha una gittata di 20.000 chilometri. A questi si aggiungono i nuovi sistemi balistici JL-3 per i sei sottomarini cinesi di classe Jin, e la prima arma nucleare cinese che è possibile lanciare da un aereo, il JL-1. Oltre ai missili, l’attenzione degli esperti si è concentrata anche sulle armi ipersoniche, sui droni sottomarini, su un nuovo carro armato da combattimento, sui sistemi di difesa anti-drone e sui droni a quattro zampe chiamati “lupi robot”.
Il messaggio all’Occidente
Una dimostrazione di forza senza precedenti per Pechino, che ha voluto mandare un messaggio non solo ai Paesi occidentali e a quelli più vicini, ma anche a potenziali acquirenti di sistemi d’arma e di tecnologie cinesi. Tra i principali due erano posizionati accanto Xi: Vladimir Putin e Kim Jong Un. Parlando di fronte a 50mila persone, Xi Jinping ha ribadito che il mondo si trova di fronte a un bivio. «Oggi l’umanità si trova di fronte alla scelta tra pace e guerra, dialogo e scontro, vittoria per tutti o somma zero», ha detto Xi a piazza Tiananmen, aggiungendo che il popolo cinese «sta fermamente dalla parte giusta della storia».
La risposta di Trump non si è fatta attendere. In un post su Truth Social, Trump ha evidenziato il ruolo degli Stati Uniti nel liberare la Cina dall’occupazione giapponese durante la seconda guerra mondiale, chiedendo poi di porgere i «più cordiali saluti a Vladimir Putin e Kim Jong Un, mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America». Il segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, ha invece liquidato gli annunci cinesi, dicendo a Fox News che il vertice Sco era stato «in gran parte “performativo”».
Una svolta?
Secondo alcuni esperti gli accordi presi a inizio settembre potrebbero invece avere effetti duraturi. Potrebbe essere il caso della Banca di sviluppo Sco, un’iniziativa discussa per anni prima di essere annunciata al vertice di Tianjin, offrendo un meccanismo per dare maggiore coesione all’organizzazione regionale e finanziare progetti comuni. È il caso soprattutto del gasdotto Power of Siberia 2 (PoS2). Annunciato a Pechino da Alexey Miller, amministratore delegato della compagnia energetica russa Gazprom, collegherà la Russia alla Cina settentrionale, con un passaggio per la Mongolia, e sarà in grado di spedire fino a 50 miliardi di metri cubi all’anno per 30 anni.
Anche se richiederà anni per essere operativo, il suo annuncio ha già avuto effetti secondo Tatiana Mitrova, esperta del Center on Global Energy Policy presso la Columbia University. Questo perché l’impatto sugli investimenti nell’industria del gas naturale liquefatto (Gnl), di cui gli Stati Uniti sono uno dei principali esportatori, sarà immediato. «Acquirenti, costruttori e banche stanno tutti osservando attentamente; se la Cina farà più affidamento sul gasdotto russo nel prossimo decennio, ciò cambierà i calcoli da oggi», ha spiegato Mitrova sul Financial Times, affermando che questo nuovo ruolo conferisce alla Cina «un’influenza senza precedenti» sul mercato e «segna una nuova fase» nei rapporti energetici con Russia e Stati Uniti. Per questo l’accordo segna una «svolta geopolitica», i cui effetti si propagano «già oltre il tavolo delle trattative».